
"Gemma del Tavoliere, Perla del Medioevo"
La storia di Fiorentino di Puglia
(ph. Matteo Iuso)

Il parco archeologico
In agro di Torremaggiore, a 9 km a sud della città, sul versante ovest di una collina detta dello Sterpanone( sperone interfluviale delimitato dal canale della bufala e del canaletto) si ergeva il centro abitato di Fiorentino, antica sede vescovile, sorta su un importante arteria che da Teanum Apulum conduceva a Luceria(Lucera), la città si estendeva da est a ovest per circa 350 mt e da nord a sud tra gli 80 e i 130 mt. La città venne edificata tra il 1018 e il 1023 dal catapano bizantino Basilio Bohannes insieme alle città di Civitate, Dragonara e Tertiveri.
La città venne posizionata in un sistema strategico difensivo della frontiera settentrionale della Puglia allo scopo di fronteggiare gli attacchi dei nemici dll'impero di Bisanzio.
Fiorentino circondata da verdi campi è posta in una posizione che all'epoca ricopriva una vista che spaziava e governava tutto ciò che era sottostante, tutt'oggi la sua posizione strategicaè perfetta e permette la visione di Torremaggiore, Lucera e Dragonara.
Dopo secoli dìabbandono sulla collina incolta e frequentata da greggi erano ben visibili la forma dell'abitato disteso da est a ovest, il profilo delle mura e i fossati, l'andamento longitudinale della strada maestra ( la platea magna) e il sobborgo che si trovava al di fuori delle mura della città, come un appendice esterna.
Il punto più elevato corrisponde allo sperone ovest che era organizzato per la difesa sin dalla sua fondazione bizantina, forse già occupata in età più remota infatti sono state ritrovate tracce di vita che vanno dal neolitico al romano.
Fu fondata dai Bizantini, poi divenne contea dei Normanni negli anni X e XIII d.c., divenne successivamente città demaniale con gli Angioini; i documenti dei primi del 1200 ci parlano di un castellum di costruzione pre-sveva che negli anni di dominazione federiciana venne soppiantata da una Domus; sullo sperone occidentale gli svcavi hanno riportato alla luce un edificio nel quale si può riconoscere la Domus imperiale, l'impianto regolare, la muratura e i frammenti scultorei sono di epoca Federiciana, i vistosi segni di distruzione e rifacimento si collegano alle lotte tra Manfredi e le forze pontificie e ai successivi eventi di età Angioina.
A est esattamente fra la città e il sobborgo si è conservato in parte un torrione (fig.1) identificato con il castello, esso emerge da uno zoccolo tronco piramidale sul bordo del fossato, esso doveva assicurare il controllo a uno delle vie d'accesso alla città (quella proveniente da Torremaggiore).
La cattedrale (fig.2) era intitolata a San Michele Arcangelo dominava nel settore sud occidentale della città con la facciata rivolta alla Magna platea, si trattava di un aula mono absidata costruita con murata mista di pietra e mattoni attribuibile all'XI secolo, nel corso del 1200 fu modificata con l'aggiunta di un portico-campanile di impianto Gotico addossato alla facciata, nella zona centrale, a livello del pavimento, si trova un apertura ricavata nella roccia, non si riesce a capire l'utilità della su detta ma sicuramente serviva come silos per il deposito del grano, nella zona est sono state rinvenute numerose tombe e lapidi, alcune di queste hanno riportato alla luce numerosi frammenti di vetri, orecchini, brocche che risalgono al XIII-XVI secolo, presenza di pavimento in cotto e muro presbiteriale che suggeriscono una fase costruttiva anche più antica.

Un possente e ricco edificio incoronava in effetti la zona più elevata a difesa della collina, la Domus imperiale (fig.3) isolata dalla città da un grande fossato largo 20 mt. e profondo 5 mt. protetta da un muro di cinta circondato da difese naturali composte dalla pendenza rapida che caratterizza la collina; dopo la morte dell' imperatore la guerra ha coinvolto nel 1255 l'edificio e durante la dominazione Angioina fu modificato e trasformato progressivamente prima di essere abbandonato, sono così rimaste la vestigia di un pianterreno che mischiano parecchie fasi di costruzione, si tratta di una delle tante Domus che Federico fa costruire verso il 1220- 1230, questo fu un luogo secondario nel quale forse Federico non sostò mai prima che la morte lo colpisse, per caso Fiorentino pertecipa al programma di affermazione del'autorità imperiale.
La Domus doveva dare dalla città e alla campagna un impressione di potenza e sicurezza, gli ambienti della Domus erano raffinati: due camini lungo le murate abbellivano e scaldavano la parte ovest, essa non era fortezza per cavalieri e gente d'arme ma una vera e propria residenza gentilizia e accoglieva tutta la corte e la sua amministrazione.
Dominando il paesaggio di queste terre di frontiera della Capitanata Fiorentino acquisì nello stesso tempo il sinonimo di onnipotenza Majora.






SULLA MORTE DI FEDERICO E SULLA ESTINZIONE DELLA DINASTIA SVEVA di Carlo Fornari:
Le diatribe medievali non abbandonano Federico II sette secoli e mezzo dopo la sua morteIn occasione dell'apertura del suo sepolcro avvenuta il 2 novembre 1998, sono tornate alla ribalta le polemiche sulla estinzione della dinastia sveva. In estrema sintesi si può dire che esistono due distinte versioni:- una ghibellina, più accomodante e tradizionalista, tesa a gettare sospetti e colpe sui pontefici;- una guelfa, tesa soprattutto a colpevolizzare gli eredi dell'imperatore.
LA VERSIONE GHIBELLINA. . . . . . Nel 1250 Federico II era alloggiato nel palazzo imperiale di Foggia. La sua attività politica era volta a cercare alleanze per riproporre guerra diplomatica e militare ad Innocenzo IV ancora in esilio a Lione. Sul piano familiare aveva provveduto a sposare Bianca Lancia che gli aveva dato Manfredi, il figlio che più gli somigliava caratterialmente; in tal modo non sarebbe stato difficile coinvolgerlo nella successione ed ottenere la sua collaborazione ne passaggio delle consegne. Nel contempo non rinunciava a ricrearsi dedicandosi agli sport preferiti.
All'inizio di dicembre, durante una battuta di caccia nelle campagne della Capitanata, fu colto da violenti dolori addominali, simili a quelli - a detta dei medici - che quarantotto anni prima avevano accompagnato la morte del padre Enrico VI. Immediatamente soccorso, fu trasportato nel castello di Fiorentino: lì ebbe solo il tempo di confermare le disposizioni testamentarie e terminò i suoi giorni il 13 dicembre.Le sua ultime volontà assegnavano l'ambito Regno di Sicilia a Corrado, IV della dinastia, il figlio che aveva avuto da Isabella di Gerusalemme; in sua assenza, Manfredi doveva regnare in qualità di vicario.I rapporti di Corrado con Manfredi parvero subito corretti, non conflittuali, ottima premessa per una proficua collaborazione. Ma giunto nel Meridione d'Italia Corrado IV accusò una situazione di grave, crescente disagio, dato che alle previste difficoltà politiche si aggiunsero problemi di adattamento al clima ed alle abitudini mediterranee. Così iniziò a deperire lentamente, morendo nel 1254 a solo 26 anni. A lui subentrerà il fratellastro Manfredi.I decessi di Federico II e di Corrado IV non lasciarono indifferenti i cronisti di parte ghibellina. La morte dell'imperatore rapida, priva di una diagnosi convincente, consentì di ipotizzare una trama guelfa: in fondo il papa aveva ampiamente dimostrato di essere determinato al delitto già nella congiura del 1246. In merito a Corrado, nessuno se le sentiva credere in un disagio fisico proprio in Puglia, nella terra che gli aveva dato i natali. Ma l'intervento rassicurante di Manfredi fu sufficiente a sopire ogni dubbio; a tranquillizzare la Corte, gli eredi, il popolo, le nazioni alleate.
LA VERSIONE GUELFA. . . . . . Nel 1250 Federico II, rifugiatosi nella domus di Fiorentino dopo la sconfitta di Parma del 1248, vedeva ridursi le possibilità di rivincita nel confronti del pontefice. Era stanco e demotivato; ma ben più grave era lo stato di conflitto con Manfredi, il figlio che aveva avuto con l'amante Bianca Lancia. Per ridurre i motivi contrasto decise di sposare regolarmente la donna: cosa questa che gli avrebbe consentito di legare a Manfredi il Ducato di Taranto e di affidargli la reggenza del Regno di Sicilia in attesa dell'arrivo del legittimo erede Corrado, figlio di Isabella di Brienne.In questa situazione, Manfredi decise di accelerare la successione per approfittare delle opportunità che gli derivavano dall'assenza di Corrado impegnato in Germania; e decise di uccidere il padre. Ottenuta la connivenza del cuoco di Corte, gli fece somministrare quotidianamente leggere dosi di arsenico predisposte dal cardinale Ugo Borgognone: si preparava una morte lentissima, che non avrebbe insospettito alcuno e superato i consueti "assaggi" dei servitori saraceni. Ma il progetto rischiava di protrarsi troppo a lungo: Federico, intuita la possibilità di una congiura, aveva iniziato una dieta preparata da un fedelissimo a base di frutta cotta e disertava tutti i banchetti. Finché Manfredi decise di eliminare il padre direttamente, senza troppi complimenti, soffocandolo con un cuscino: e lo fece in modo talmente maldestro da provocargli la lesione del setto nasale.Quando Corrado raggiunse il Regno di Sicilia, Manfredi non si scompose, limitandosi a rispolverare la "dieta" suggerita dal cardinale Ugo Borgognone.
Questa volta il piano ebbe il successo desiderato: il giovane principe aveva una resistenza fisica nemmeno paragonabile a quella del padre, e per giunta non fu difficile giustificare le conseguenze dell'arsenico con quelle di un generico disadattamento all'ambiente mediterraneo.Si dice che "il diavolo fa le pentole ma non i coperchi". Già immediatamente dopo la morte di Federico iniziarono a circolare iconografie guelfe che ritraevano Manfredi nell'atto di soffocare il padre, mentre riguardo la morte di Corrado fra' Salimbene iniziò a parlare di un "clistere avvelenato".E ALLORA?Dopo più di 750 anni i decessi di Federico II e di Corrado IV - che sono alla base dell'estinzione della dinastia sveva - fanno ancora discutere. Ma al di là delle labili fonti scritte del tempo, ora la verità dovrebbe essere vicina (vedi Palermo: nuova riapertura del Sarcofago di Federico II).La speranza è che la recente riapertura del sarcofago di Federico II possa consentire le analisi di laboratorio in grado di accertare soprattutto se lo " Stupor Mundi" morì davvero con il veleno nel corpo. È noto che l'arsenico lascia tracce assolutamente indelebili, a prova dei secoli.
Copyright © Carlo Fornari
Fonte: www.stupormundi.it
Prendi un respiro. Senti la natura
Un tuffo nella incontaminata natura della piana medievale vi faranno tornare indietro nel tempo, passeggiando tra i ruderi della città potrete osservare l'incantevole paesaggio che dominava questo magico luogo al tempo di Federico secondo di Svevia con la possibilità di osservare un magico tramonto o di fermarsi a guardare le stelle che nelle sere d'estate sono altamente visibili.

Fauna selvatica a portata di mano
La natura incontaminata del sito archeologico permette di osservare anche alcune specie di volatili come il nibbio reale e il falco che, spesso, potrete osservare durante i loro passaggi sui ruderi come accadeva proprio al tempo dello stupor mundi.
Possibilità di percorrere il sentiero per salire sulla collina
Una delle attività più suggestive è quella di percorrere a piedi il sentiero che dal fondo collina porta fin su al parco archeologico, durante il tragitto, soprattutto nelle ore del tramonto, potrete osservare la splendida piana del tavoliere, una esperienza mistica da provare a tutti i costi!